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Municeddhru, laurieddhu, scazzamureddhu, carcaluri o monachicchiu: tanti nomi per chiamare uno spiritello birichino che riempie da tempi immemori le storie dei più anziani che la modernità non è riuscita ancora a cancellare del tutto, mantenendo il loro alone di fascino e mistero.

U Municeddhru

Avvicinando i vecchietti seduti sulle panchine delle assolate piazze dei borghi salentini, non è impossibile sentirli affermare di aver visto con i loro occhi u Municieddhru o quantomeno gli effetti del suo disastroso passaggio.

Ebbene infatti si racconta che questo folletto sia alto come un fanciullo di 4 anni, più o meno 40 cm, e che abbia orecchie a punta come un elfo; si dice abbia occhi vispi e nerissimi e che sopra i suoi scarmigliati capelli sfoggi un prezioso cappello a punta, per alcuni rosso o per altri nero, adornato di campanellini.

Questo spiritello, che va pazzo tanto per la biada quanto per le graziose fanciulle, potrebbe ricordare ai più giovani un hobbit di tolkeniana memoria. Certamente si differenzia da questi per il loro animo dispettoso: non vengono dipinti come cattivi e malvagi ma, con le persone poco meritevoli, danno il peggio di sé, diventando discoli e dispettosi.

Infatti si tramanda che non infesti un luogo, benché sia un assiduo frequentatore delle campagne, dei boschi, di case e soprattutto delle stalle, ma si leghi e perseguiti un determinato individuo o una famiglia poco simpatica.

Gli scherzi del Municeddhru

Al di là del fatto che si dice che chi fissa negli occhi u Municeddhru sarà paralizzato per po’ di tempo, diventando vittima dei suoi scherzi, e se si entra nelle sue mire è difficile sottrarsi ai suoi dispetti.

Le sue vittime preferite sono i cavalli, ghiotti di biada come loro: si dice che intrecci le loro code così intensamente che risulta poi difficile, se non dopo molto tempo, scioglierle, oppure che privi un cavallo del suo cibo dandolo ad un altro comportando la fame per l’uno e l’ingrasso per l’altro.

Pare si diverti a spennare galline e le oche, a far cagliare il latte, a scuotere oggetti facendo baccano, a bisbigliare e solleticare gli esseri umani nella notte, a pizzicarli e a tirare i capelli. Molti raccontano di biancheria sporcata dal Municeddhru o volata via, nascondendosi questo birbante nelle correnti d’aria.

Tra gli scherzi più amati da questo spiritello c’è quello di sedersi sul petto degli uomini dormienti, facendo loro mancare il respiro; se invece si tratta di donne, si siedono sul loro seno provocando sogni alquanto lascivi.

La salvezza in un cappello

Ma c’è un modo per liberarsi del Municeddhru? Ebbene ci sarebbe, per quanto sia difficile. Si racconta che solo privandolo del suo cappello all’alba (essendo imprendibile la notte e scomparendo di giorno) diventi tenero, buono e persino piagnucolante.

Privo del suo berretto, il Municeddhru, si ritroverà a promettere tesori e ori pur di riaverlo, ma attenzione: è vero, si dice sia il guardiano delle acchiature, cioè nascondigli di tesori inimmaginabili, ma è bene farsi consegnare la ricompensa prima di rendergli il cappello, altrimenti u Municeddhru, riottenuta la refurtiva, si farà beffe del malcapitato tra capriole e prese in giro.

E se il folletto vi chiederà se volete cocci oppure oro (“ce buei cuperchi o soldi”) è bene rispondere sempre il contrario di ciò che si desidera davvero, per non ritrovarsi con nulla in mano se non gli sberleffi del monello Municeddhru.

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